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PREVENZIONE E TECNICHE D’INDAGINE 

vedi tabella tre

  L’occhio, per via della sua particolare costituzione anatomica, è l’organo più privilegiato per uno studio clinico. E’ l’unico completamente accessibile ad uno studio strumentale, a partire dagli annessi (tutto quello che è al di fuori della palla dell’occhio, come palpebre e congiuntiva) sino alla papilla (testa del nervo ottico). Gli strumenti che si utilizzano si basano su particolari tecniche d’osservazione e d’illuminazione. Via via col tempo, si sono andate sviluppando una serie di tecniche d’esplorazione anatomiche delle strutture oculari, sempre più perfezionate:dalla lampada a fessura, agli oftalmoscopi diretti e indiretti, ai retinografi con elaborazione computerizzata delle immagini, sino agli oftalmoscopi a scansione laser. Tali mezzi ci consentono di fare un’indagine più accurata e precisa delle piccole alterazioni anatomiche delle strutture bulbari. A tale progresso tecnologico non corrisponde uno uguale nella terapia. Ciò perché:

1.      Le lesioni anatomiche, una volta instauratesi, sono difficilmente reversibili e curabili, in quanto il tessuto retinico è simile al tessuto nervoso e difficilmente si rigenera.

2.      Inoltre tali tecniche non consentono l’esplorazione delle parti dietro la papilla (testa del nervo ottico) e di tutte le retrostanti vie ottiche di trasmissione, sino alla corteccia cerebrale.

La domanda che ci dobbiamo porre è allora la seguente: è possibile prevedere il danno anatomico, per poterlo prevenire?

Il danno anatomico è preceduto da un danno funzionale; per cui un fotorecettore (che può essere o un cono o un bastoncello e rappresenta la pellicola della macchina fotografica occhio) riduce la propria capacità di trasformare uno stimolo luminoso in un segnale elettrochimico, che è alla base della visione.

La risposta, allora, alla nostra domanda risiede nella capacità di realizzare indagini funzionali in grado di misurare i valori soglia dei vari elementi costitutivi del sistema visivo e confrontarli con relativi valori standard. In questo tipo di indagini, gli esami elettrofunzionali hanno acquistato un ruolo sempre più importante, con il rapido avanzare della tecnologia. Essi studiano i potenziali bioelettrici generati dalle cellule nervose, nel momento in cui esse vengono sollecitate da uno stimolo luminoso. Se in vitro (in laboratorio) questo esame è facile, in vivo comincia ad essere complesso. Se noi vogliamo indagare la singola cellula (in vitro), poniamo dei microelettrodi, la stimoliamo e registriamo la risposta (PEV): Se in vivo, gli elettrodi vanno posti lontano e la risposta è di tipo massivo disturbata. Altra limitazione a questa indagine è l’alto costo dell’attrezzatura.

DIAGNOSI VERAMENTE PRECOCE viene offerta dalla moderna ELETTROFISIOLOGIA DINAMICA.

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