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ABITAZIONE  1 |  23 | 4 |

Le case di una volta, con particolare riferimento a quelle del secolo scorso, variavano per configurazione, numero di stanze, ricchezza di arredamento, secondo le possibilità dei proprietari. La maggior parte della popolazione viveva in case umide e malsane, dal tetto molto basso formato da grosse travi su cui poggiavano i "ciarvùna" (franc. "chevron "correntino su cui poggiavano le tegole") che sostenevano i "ciaramìdi" (gr. keramìdion "tegola"). Nelle case dei più poveri come "ciarvùna" si usavano canne disposte a fasci. Mancava generalmente il soffitto e sotto le tegole si disponevano "i cannizzi", cioè canne lavorate e pazientemente intrecciate. Mancava generalmente il soffitto e sotto le tegole si disponevano "i cannìzzi", cioè canne lavorate e pazientemente intrecciate. Nelle giornate di cattivo tempo, con vento e pioggia, spesso l'acqua piovana penetrava dalle fessure del tetto, rendendo ancora più disagevole l'abitazione ( n.b: ciò si verificava anche nella mia casa, quando ero ancora ragazzo, anche se mio padre era un medico). Nel tetto veniva praticata un'apertura, "u ciarnàru" (lat. lucernarius "produttore di luce"), costituito da una tegola posta di traverso e facilmente spostabile, da cui entrava l'aria e fuoriusciva il fumo. I muri si costruivano con blocchi di tufo e "taju" (franc. medioev. tai "fango"); il pavimento era in terra battuta. Le case della gente più povera erano costruite con blocchi di terra impastata con paglia, detti "bìsuli" (gr. bèsalon "mattone"). Scarsamente aerate, poco luminose per mancanza di finestre, si componevano di uno o due vani, utilizzati per tutte le necessità quotidiane. Importante lo spazio riservato alla camera da letto, essendo il luogo dove si svolgevano i momenti più memorabili della vita: nascita, battesimo, matrimonio, morte. A volte nella casa trovavano posto anche il maiale e la capra: La porta, in legno massiccio, ruotava intorno ad un "puntaròlu" o "stantalòru", ben infisso nel terreno. Era divisa in due battenti in senso longitudinale. Dall'interno si chiudeva "cu' serragghju", cioè con una robusta spranga di ferro.

 

               

"I carusellhi", specie di salvadanai di creta, che venivano impiegati per la costruzione del soffitto a volta.

Interno di casa di contadini. Africo, 1948.

 

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