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IL SENSO FATATO
di Roberto Polito
Siamo prigionieri di una rete i cui elementi fondamentali sono
il tempo e lo spazio. Queste due categorie c' incatenano, impedendoci d'essere
istantaneamente in luoghi lontani, o di rivisitare il passato o spaziare nel
futuro. La cultura razionalistica ci costringe con tali categorie a vivere una
vita molto limitata nei suoi orizzonti ed estremamente schematica e settoriale.
La nostra esperienza ha dei limiti ben precisi. Ci è praticamente impossibile
cogliere coi sensi e intelligere con la ragione l'essere nella dinamicità e nella
globalità del suo esistere, ci è consentito solo vedere la vita come un film,
quindi nell'apparire dei suoi singoli fotogrammi. Iddio, per potere cogliere ciò
che i sensi normali e l'intelletto non sono capaci, ci ha donato uno strumento
non meno nobile: il senso fatato. Esso è un sentimento presente in maniera più o
meno consapevole, in quantità maggiore o minore, in tutte le persone. Il poeta ne
ha in sovrabbondanza. E se ne serve per abbattere le catene spazio-temporali e
cogliere il senso della vita, lontanissimo anni luce e parimenti così vicino da
essere dentro di noi. Se il filosofo tutto interpreta razionalmente e
logicamente, il poeta, sempre in virtù del senso fatato, traduce queste sue
evasioni, sempre brevissime, dalle forme spaziali e temporali, con componimenti
che nel linguaggio facciano sentire a se stesso, quando sarà rientrato dal
viaggio, e non necessariamente agli altri, le sensazioni vissute. Anche se le
sensazioni che si riportano sono di mestizia e di tristezza, il poeta, dopo ogni
viaggio si sente così arricchito e maggiormente realizzato che, con sempre
maggiore entusiasmo, vuole ritornarci. Immensa poi la gioia quando riviviamo quei
momenti felici della nostra vita, spesso l'infanzia, che grazie al senso fatato
divengono momenti eterni.
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